Press-IN anno III / n. 2680

Redattore Sociale del 11-10-2011

Riconoscere la Lis come lingua, "un grave passo indietro"

ROMA. Un secco “no” alla proposta di legge C. 4207 che rappresenta un “chiaro passo indietro”. A ribadirlo è stato oggi il Comitato nazionale dei genitori e familiari dei disabili uditivi, decorso di un incontro alla Camera. Secondo il Comitato “il riconoscimento della Lis rappresenta necessariamente la definizione di una minoranza linguistica e l’appartenenza ad essa in base a un deficit sensoriale. Ma i nostri ragazzi non vogliono riconoscersi in questa minoranza, vogliono essere a tutti gli effetti italiani- sostengono-. Riconoscere la Lis nuoce invece gravemente all’applicazione del protocollo sanitario che da quarant’anni consente a tutti i bambini audiolesi il recupero uditivo e l’acquisizione della lingua italiana”.
Secondo Paolo Pagnini, presidente della Società italiana di audiologia e foniatria (Siaf) è necessario, invece, puntare su diagnosi precoci, che permettono di intervenire fin dai primi mesi di età sul recupero dei bambini sordi. “Se si interviene tempestivamente i bambini riescono a sentire e anche a parlare, perché oggi possediamo protesi sempre più potenti- spiega Pagnini-. Oggi dopo un lavoro di 50 anni, i bambini sordi non vengono più notati nella società, perché non ci si accorge più del loro handicap. E questo è un risparmio anche per lo stato. Per questo il fatto che si parli ancora di Lis come alternativa ci fa arrabbiare. Chiunque cerchi di farci tornare indietro, ripropone soltanto cose anacronistiche”. Elio Marciano, presidente della società italiana di Otorinolaringoiatria (Sio) ha ricordato che tutto il mondo accademico ha firmato un documento di appoggio alla lingua oralista come lingua che devono sviluppare i bambini ipoacustici. “Se il bambin o riceve una diagnosi di sordità a tre mesi e viene seguito da subito, già a 6 mesi ha uno sviluppo uditivo pari a un bambino udente”.

Secondo il Comitato il riconoscimento della Lis sottintende anche un aggravio della spesa dello Stato italiano per la formazione e l’inserimento degli interpreti nelle strutture pubbliche, togliendo risorse per l’applicazione del protocollo sanitario. “Quando non c’erano le protesi ai sordi si impediva di usare il linguaggio mimico-gestuale, oggi che le protesi ci sono si esalta la lingua dei segni, ma la lis non è altro che linguaggio mimico gestuale ribattezzato - aggiunge Giuseppe Gitti, direttore del Centro di rieducazione ortofonica-. Qualcosa non quadra. Non trovo una ragione né scientifica né morale ed etica che possa giustificarne l’uso. Il gesto uccide la parola, noi dobbiamo cercare invece di tenere alla normalità”.

Il Gruppo dei genitori dei disabili auditivi ha ribadito la volontà di lottare per il diritto alla salute dei propri figli. “La lis non è un interesse dei sordi, loro avrebbero voluto parlare- sottolinea Laura Brogelli, mamma di un bambino sordo. Le fa eco Valentina Paoli, sorda dalla nascita: “La posizione del Comitato per qualcuno è impopolare, sembra una cattiveria impedire allo Stato di fare una legge a tutela di una parte. Ma già ora la sordità è ampiamente tutelata in tutti i sensi. La proposta di legge 4207 sposta invece l’attenzione dalla patologia all’antropologia e considera sordità come uno status”. “Se vogliamo realizzare la partecipazione dei disabili uditivi alla vita sociale- conclude Alfio Desogus presidente dell’associazione retinopatici- queste persone non devono aver bisogno dell’interpretariato. La Lis, invece, rappresenta il riconoscimento del nostro fallimento come stato e come cittadini”. (ec)


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